Sono giorni di festa a Piovà Massaia[1],
s’intuisce ancor prima di entrare in paese. V’è fermento, si respira aria
gioiosa e vedi felicità sui volti di chi incontri. Il paese è dei giovani che
si preparano a quell’evento aspettato tutto l’anno e che a ogni anno si ripete:
la festa patronale. Osservando questi ragazzi così impegnati e motivati una
piccola riflessione su di loro è d’uopo.
E’ vero che prima che pensino saggiamente a cose
serie oggi, per la massima parte, i giovani devono raggiungere e superare i 20
anni, e questo per le cose umane. Per una crescita spirituale nessuna maturità
sembra sufficiente; ogni seria esperienza è sempre dilazionata, che non sia la
solita formale, superficiale, non sentita pratica dei giorni comandati. E’
chiaro che manca di senso di Dio, perché nella città come nei paesi si esaspera
il senso dell’umano; è il materiale, il visibile, che soddisfa di più sia nel
bene sia nel male, che riempie i sensi, colma le giornate, da sensazione e
voluttà nuova, diventa la ragione e il fine della vita.
L’incontro col Vicario nella piazza dove fervono i
preparativi, poco lontano dalla Chiesa parrocchiale, è il contrasto tra
allegria e accoglienza fredda quasi contrariata. Resto sull’apparenza e non
giudico altro. Nell’allontanarci dallo schiamazzo, per la stradina che porta alla
Chiesa, si sente dal gruppo come imprecazione una bestemmia; il Parroco non
cerca la fonte e non si volge verso me, ma esclama: “E Dio resta più solo”.
Piovà Massaia è paese di collina di 650 abitanti. In
frazione Gallareto, per la grossa Cantina Sociale, si sta sviluppando una zona
abitata, con forte movimento industriale. Sta già sorgendo una Chiesa per le funzioni
religiose domenicali. Sono 50 gli immigrati veneti e una famiglia meridionale.
La religiosità è tradizionale ma conservata. Molti sono
gli indifferenti, pochissimi gli elementi lontani dalla Chiesa. Mai nessuno ha
rifiutato i Sacramenti.
Nelle ultime elezioni il Partito Comunista ha avuto
27 voti (di elettori immigrati o voti di convenienza).
Il cinema parrocchiale è stato sospeso con l’aumentare
delle televisioni, prima nei locali pubblici e poi nelle abitazioni private. Punto
di ritrovo dei piovatesi è la Società dei Coltivatori Diretti; due alberghi
portano turismo.
Per operai, commercianti, rurali (in prevalenza), lo
stato economico è medio. Oltre la Cantina Sociale, con imbottigliamento, esiste
anche una fornace. Il lavoro è anche festivo.
La gioventù maschile e femminile è prevalentemente
buona; vi sono però anche elementi non buoni sia nell’una sia nell’altra parte.
Le Suore dirigono oratorio e asilo.
Anche se l’Azione Cattolica è presente con tutte le
associazioni, con buona frequenza, si nota mancanza di convinzione di fede e scarsa
istruzione religiosa. Il Vicario è d’accordo su più frequenti incontri tra il
Centro Diocesano e le organizzazioni parrocchiali; raccomanda di parlare con
semplicità, con sincerità, senza retorica, al fine di convincere sulle cose
essenziali e sulla necessità della collaborazione dei cattolici.
Ho riferito sulle raccomandazioni della Presidenza
Generale per quanto riguarda il funzionamento della Giunta parrocchiale, la
vita associativa e l’impegno di lavoro dei tesserati. Ho anche riferito al
riguardo dell’attuazione della Campagna annuale 1960-61 sul tema “Messaggio
della Salvezza” con le iniziative ritenute idonee nel piano parrocchiale.
[1] Il 27
gennaio 1940 il Comune di Piovà modificò la propria denominazione in Piovà
Massaia. Il 9 giugno 1809 nacque il Cardinal Guglielmo Massaia (Lorenzo Antonio
Massaia). Frate cappuccino, apprese nozioni di medicina e chirurgia e decise di
andare missionario in Etiopia. Nel 1884 papa Leone XIII lo elevò al rango di
cardinale e nel 1914 è iniziato il processo di beatificazione.
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